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LA STORIA

Quando tutto è iniziato.
“ 'Lo voglio!' - Pensai, entrando per comprarlo, senza una lira né in tasca né altrove.”
Era una sera buia, fredda e umida e stavo passeggiando con una mia amica nella via che costeggia il canale Brugiano. Era il mese di novembre del 1986 e come dicono i francesi “je suis tombè en amour”.
A questo punto logicamente si dovrebbe pensare che mi sono innamorato dellla mia amica. Invece no. Purtroppo il mio cuore ha cominciato ha battere per un altro motivo.
E il motivo era “Lo Chalet la barca da Gaetano” alias il futuro ristorante “La Peniche”.
Il ristorante era ubicato su una vecchia palafitta, usurata dal tempo e dalla poca manutenzione che veniva fatta dagli anziani proprietari. Il lato che costeggiava la strada era coperto da folte e alte piante che lo nascondevano alla vista.
I tre lati che davano sul fiume, erano senza illuminazione e anche qui la nebbia li nascondeva alla vista. Praticamente era invisibile agli occhi tutti. Ma non era invisibile ai miei occhi sempre vigili, attenti e curiosi.
Soltanto l’ingresso era illuminato da una fioca luce. “Lo voglio!” pensai entrando per comprarlo, senza una lira né in tasca né altrove.
A questo punto devo fare un passo indietro di qualche anno per farvi capire questa mia improvvisa decisione che avrebbe completamente cambiato il corso della mia vita.

Periodo Paleolitico

Dai 10 ai 15 anni
Sono nato in una famiglia contadina da diverse generazioni. Mio padre, assieme a mia madre, dopo il lavoro da operaio comunale, coltivava qualche appezzamento di terreno di proprietà della famiglia e qualche altro preso in affitto. Io quindi come tradizione vuole, fin da piccolo ho dovuto dare una mano in casa e nei campi, specialmente in estate quando le giornate diventavano più lunghe e i lavori più pesanti a causa dei maggiori raccolti.
Ma non mi piaceva fare quel lavoro e allora già a undici anni, dopo la fine della scuola elementare, iniziai a lavorare fuori casa, come la maggior parte dei miei amichetti.
Alcuni erano andati a fare i garzoni in qualche negozio di alimentari. Altri in qualche macelleria. Altri ancora nei negozi di frutta e verdura.
Chi aveva scelto questi lavori doveva occuparsi anche della consegna a domicilio della spesa, con la bicicletta del negozio che era equipaggiata con un bel cesto sul davanti o sul dietro o in tutti e due i posti.
Io siccome mi decisi tardi, finii a fare il riparatore di biciclette da Faliero ai Ronchi Poveromo. Esiste ancora la stessa attività. È riuscito a resistere a tutti gli attacchi delle crisi economiche che si sono susseguite negli anni.
Correva l’anno… mai questo modo di dire è stato più vero. Ho capito troppo tardi che gli anni corrono davvero. Dicevo… correva l’anno 1972. Io sono nato nell’ormai lontano 1961. A quel tempo la zona di Ronchi Poveromo era molto ricca.C’erano molti alberghi, molte attivita economiche e tante ville residenziali che venivano abitate per almeno cinque o sei mesi l’anno a periodi alterni. Le biciclette abbandonate nei garage delle ville, per tutto il periodo invernale, in primavera venivano portate da Faliero per essere rimesse a nuovo da me e dal mio amichetto che lavorava con me.
In estate poi dopo che le biciclette erano state tutto il giorno sotto il sole cocente, qualche gomma o scoppiava o si sgonfiava un po’ e allora passavano da Faliero per la riparazione che facevamo noi due. Insomma c’era un sacco di lavoro per noi ragazzetti che volevamo lavorare per non pesare sul bilancio famigliare ed essere indipendenti. Ma è con mio padre che mi sono forgiato e mi sono fatto le ossa per poter affrontare con tanta naturalezza, le fatiche future, senza che queste mi pesassero neanche minimamente.
Mi sono fatto i muscoli e il fisico lavorando nei campi, specialmente in inverno con la zappa, e ho imparato a fare i lavori più umili senza nessun problema. Pulivo il letame degli animali che tenevamo (polli, conigli, un paio di mucche e tre o quattro maiali, piccioni e qualche volta dei fagiani e delle faraone). Costruivamo le gabbie per gli animali, con tanto di luce interna, porte e finestre. Facevo questi lavori un po’ forzatamente senza immaginare, quanto mi sarebbero serviti in un futuro neanche tanto lontano.
Ma torniamo ai lavori che favevo da ragazzino. Dopo un paio di stagioni da Faliero sono andato a lavorare in una edicola sempre a Ronchi Poveromo. Anch’essa esiste ancora anche se si è spostata di qualche centinaio di metri da dove lavoravo io. Segno che chi lavora bene, non verrà mai sopraffatto da nessuna crisi. E questa è un'altra lezione che ho imparato subito da piccolo. Il lavoro chiede, ma se lavori con volontà e devozione, il lavoro dà.
Al mattino presto preparavo tutti i giornali e le riviste che dovevo consegnare nelle varie ville dei commendatori e cavalieri del lavoro, che abitavano in estate ai Ronchi. Rimanevo esterefatto per quanti giornali compravano alcuni di loro. Anche sette quotidiani. E poi il Mondo, Panorama, l’Espresso, Gente e poi le riviste per le loro mogli e i fumetti per i bambini. Spendevano più loro in edicola in un mese che noi per mangiare tre mesi.
Quando poi alle undici circa finivo il mio doppio giro che facevo con la bici piena di giornali nella cesta posizionata sul davanti e nella cesta posizionata sul dietro (erano circa dodici km al giorno), mi fermavo in edicola a vendere i giornali, le riviste e i giocattoli ai bambini ricchi.
Di nascosto poi guardavo sempre i giornalini per gli adulti e sognavo sempre di incontrare come in quei giornalini, qualche bella signora o governante, che mi venisse ad aprire in vestaglia trasparente e mi portasse in camera sua abusando di me. O io di lei. Avevo solo dodici anni, ma è un sogno che mi sono portato dietro per tutta la vita. Colpa dei giornalini per adulti.

Periodo Neolitico

Dai 15 ai 20 anni
Dopo due stagioni da giornalaio a domicilio, grande salto di qualità. A quindici anni ero barista al bar ristorante pensione El Rancho vicino al pontile di Marina di Massa. Quello invece non esiste più. Causa i troppi accidenti che gli ho mandato io.
La proprietaria era insopportabile, ci litigavo sempre. Le mie continue imprecazioni contro di lei e il suo locale però glielo hanno fatto crollare dietro le continue mareggiate sempre più vicine alla strada.
Adesso con le scogliere che hanno costruito, si è riformata un po' di spiaggia. La struttura è stata ricostruita e ci sono un ristorante, una galleria d’arte e una agenzia immobiliare. Giuseppe, il cameriere più anziano che lavorava con me a El Rancho era però un mostro di bravura.
Mi ha insegnato tutti segreti del mestiere e ha continuato a chiamarmi per anni in inverno per farmi lavorare con lui come cameriere. Lavoravamo nei ristoranti nel fine settimana per servire ai matrimoni e alle comunioni o in alcuni ristoranti che avevano bisogno di personale.
L’anno successivo all’età di 16 anni ho iniziato a lavorare nei vari alberghi e pensioni dei Ronchi: Hotel Alcione, Marisella, Jungla, la Bussola, fino all’eta di 20 anni, quando ho iniziato a lavorare come bagnino in alcuni bagni di Marina di Massa.
In inverno vivevo di fotografie che sviluppavo e stampavo nella mia camera oscura nel bagno di casa, ed ero il fotografo ufficiale della compagnia.
Il servizio militare a 22 anni mi interrompe la carriera, sia di fotografo che di bagnino.

Periodo Post-Neolitico

Dai 20 ai 25 anni
Ma il servizio militare non faceva per me. Dei 365 gg di naia ne ho fatti solo 65. Gli altri 300 li ho passati in convalescenza per autolesionismo. Mi fermo qui sull’argomento perchè rischio troppo a raccontare tutto quello che ho fatto per non fare il servizio militare.
Nell’attesa di finire il servizio militare mentre ero in convalescenza ho lavorato come elettricista, come pasticcere e per ultimo, come magazziniere in deposito di acque minerali.
Ok. Va bene. È tutto interessante, ma la passione per la ristorazione, vi chiederete qundo ti è venutà?
In realtà all’inizio non era una passione per la ristorazione, ma per i ristoranti. Mi spiego meglio. All’età di 18 anni ho iniziato a frequentare Paolo, un ragazzo di dieci anni più grande di me che mi aveva preso in simpatia e mi portava sempre con sé. Forse perchè mi giudicava più maturo e serio dei miei coetanei. Lui aveva tutto quello che una donna potesse desiderare in un uomo. Era abbastanza alto, aveva i baffi, la mascella scolpita da attore, i capelli ricci molto in voga neglia anni settanta e cosa molto importante aveva un fisico da culturista. Solo che in quel periodo i culturisti non esistevano ancora. Il fisico ce lo avevi solo se lavoravi sodo fisicamente come muratore, idraulico o altro. Infatti lui faceva l’idraulico. Segava, torniva, filettava i tubi in ferro zingato tutto con la filiera a mano. Quelle elettriche non erano ancora di largo uso, costavano troppo. Ma cosa molto importante diceva lui, il fisico se lo era fatto a masturbarsi tutti i giorni. Fin da quando aveva dodici anni. Troppo diretto e reale? Non mi importa, sono fatto cosi.
Insomma Paolo era il mio fratello maggiore, il mio maestro e il mio amico più intimo. Con lui ho fatto cose che non ho mai più rifatto con nessuno nella mia vita. A voi la fantasia di immaginare cosa. Sappiate però che nessuno dei due aveva tendenze omosessuali.
Con Paolo uscivamo spesso la notte a mangiare fuori dopo la discoteca e spesso pagava lui anche se non era ricco. Aveva un cuore grosso come due mani. Mangiando mi diceva sempre che la prima sera che esci con una ragazza è importantissima e per questo motivo dovevi scegliere il posto giusto per poter parlare tranquillamente e per poterla corteggiare con efficacia. Magari a lume di candela con un po di musica etc. Tutto aiutava. Era uno degli ultimi playboy vecchia maniera, ma mi ha influenzato molto. Io a differenza sua non ero alto e non ero neanche bello come lui. Ero semplicemente, forse, carino e allora a tavola quando uscivo con qualche ragazza me la dovevo giocare tutta. Dovevo essere brillante, simpatico, intelligente, sveglio e con la battuta sempre pronta. Piano piano mi sono accorto che se andavo in un posto che mi piaceva, tutto questo mi veniva più naturale. Mi sentivo a mio agio e riuscivo sempre a fare breccia nel cuore delle ragazze.
Ma trovare i locali giusti, ristoranti, pizzerie, o locali per il dopo cena, accoglienti era molto difficile, a volte impossibile. Neanche quando spinto dalla disperazione decidevo di andare in qualche luogo per me proibitivo a causa dei prezzi alti che si pagavano.
Era sempre la stessa storia, magari mangiavi un pò meglio ma l’ambiente… Faceva veramente cagare.
E allora ho iniziato a girovagare dappertutto in cerca dei locali più carini e accoglienti, divenni il più esperto, conoscevo tutti i locali di Massa, Carrara, Viareggio, Lucca, Camaiore, Pietrasanta, La Spezia, Cinqueterre (quando ancora le Cinqueterre le conoscevano solo gli abitanti del luogo e dei comuni vicini), Lerici e Portovenere. Se c’era in questi luoghi un posto carino e accogliente, io c’ero stato e potevo dirvi tutto sul locale, su che cosa servivano e su chi ci lavorava. I miei amici venivano sempre da me per sapere dove portare la ragazza del momento.
È sicuramente in quel periodo che è maturata in me l’idea di aprire un locale molto strategico e funzionale da questo punto di vista. Doveva essere un locale unico nel suo genere, bellissimo, ben arredato con stile e con gusto. Non necessariamente lussuoso, ma di impatto. Quando entravi dentro il locale dovevi rimanere a bocca aperta per qualche minuto a cercare di capire e cogliere i particolari che notavi a poco a poco durante la permanenza. E prima ancora di sederti e di ordinare qualcosa la tua mente doveva già portare a pensare a quando saresti potuto tornare. Il locale che volevo aprire doveva avere queste caratteristiche, insomma, doveva farsi ricordare.
Ma per fare un locale così ci volevano soldi, esperienza, conoscenza, professionalità ed io non avevo niente di tutto questo. Avevo solo una grande forza interiore, una grande umiltà e una grandissima voglia di lavorare.
Soldi: a ventitre anni o mi compravo le sigarette o andavo al bar a bere qualcosa, questo era tutto il mio capitale. Dopo il militare le mie finanze si erano prosciugate e se non trovavo subito qualcosa da fare sarebbe stato veramente un problema.
Avevo la patente nautica oltre le dodici miglia per pilotare piccoli yacth e meditavo di mettermi a fare lo skipper in giro per il mondo e di fotografare ogni cosa che mi sarebbe passata davanti.
Magari anche una attempata signora in vestaglia trasparente, sogno ricorrente. Se un giorno mi intervista marzullo glielo racconto.
Non vedevo possibilità di realizzarmi e la fuga era l’unica via di uscita anche perchè la voglia di avventura era veramente incontenibile. Mi tratteneva però l’attacamento alla mia famiglia e alla terra dove ero nato.
Mia sorella, molto attaccata a me, mi vedeva un pò depresso e svogliato. Mi chiede spiegazioni e allora le parlo dei miei progetti. Lei pur di non vedermi partire decide di prestarmi dei soldi per aprirmi una attività in proprio come fotografo. Mi sarebbero bastati dieci milioni di lire.
Comincio ad organizzarmi: mi iscrivo alla camera di commercio ed essendo diplomato ragioniere, la cosa è immediata. Ho sempre pensato di aver sbagliato ad iscrivermi alla scuola per ragionieri, lo avevo fatto solo perchè alcuni compagni e compagne con cui studiavo alle elementari e che abitavano vicino, l’avevano scelta come scuola fra le tante possibilità. Io allora non sapevo neanche che cosa sarei andato a studiare e dove mi avrebbe portato quel diploma. Nel corso degli anni scolastici però ero sempre più convinto che non avrei mai fatto il ragioniere.
Niente di più sbagliato, gli studi che ho fatto in quella scuola sono stati la cosa più utile cha abbia mai fatto in adolescenza.
Ero bravissimo nelle materie tecniche e matematiche. Una bomba. Avevo però grossi problemi caratteriali con alcuni insegnanti e questo mi è costato alcuni anni di scuola in più. Mamme e papà credetemi, a volte le incomprensioni tra alunni e insegnanti esistono veramente io ne sono la prova vivente.
Ma torniamo a Emiliano fotografo, era la fine del 1984. Trovai un negozio di articoli fotografici con annesso laboratorio per lo sviluppo e stampa con un piccolo avviamento e una serie di scuole e asili dove il proprietario aveva da anni la prelazione per fare le foto ai bambini e studenti.
A quel tempo si faceva e rendeva abbastanza bene. Io a dire il vero una piccola esperienza come fotografo me l’ero già fatta nel periodo scolastico.
Facevo le foto ai miei amici e alle mie amiche e a volte mi divertivo a fare dei simpatici scherzi, prendevo il volto di amici e amiche poi facevo dei fotomontaggi usando dei giornalini pornografici, era veramente divertente, ridevamo tutti come dei pazzi perchè sceglievo le posizioni più assurde e mettevo i volti di amici e amiche al posto degli attori, colpa dei giornalini che leggevo nel periodo in cui lavoravo all’edicola.
Alcuni anni prima inoltre durante la primavera-estate era accaduta una cosa molto curiosa e particolare. Il fratello della nostra insegnante di tecnica maria teresa di cui mi astengo da farne il cognome, aveva portato dal brasile una piccola scimmietta molto cattiva e dispettosa. La sua famiglia era molto ricca e aveva cave di marmo laggiù e in diversi luoghi in italia.
Non ho mai capito perchè avesse deciso di fare l’insegnante. Mi ricordo però che andò in pensione a quarantanni circa. Noi l’amavamo tutti, specialmente io a causa del mio sogno ricorrente. Era molto simpatica. Pensate che ha avuto ospite fisso in casa uno dei gay più famosi di Massa, che aveva un negozio di abbigliamento in centro e ci raccontava sempre un sacco di pettegolezzi sulla loro vita da conviventi e amici.
Scusate mi dilungo un pò ma per farvi capire bene chi sono e come ho vissuto, questi particolari per me sono importanti, se non vi piace saltate alcune parti.
Ma torniamo alla scimmietta. questa piccola scimmia come dicevo era molto dispettosa. In casa spaccava tutto. Se la legavi con un guinzaglio si attorcigliava dappertutto e rischiava sempre di strozzarsi da qualche parte. Fuori in giardino idem, si arrampicava sugli alberi e la trovavano sempre appesa per il collo a testa in giù o immobilizzata e legata contro un ramo a causa del guinzaglio. L’unica soluzione alternativa era quella di tenerla lontano da tutto con il guinzaglio fissato a terra con un chiodo apposito come una capra. Ma a quel punto si incazzava molto e faceva un casino tale che i vicini si lamentavano ogni momento.
Quando ci ha raccontato questa cosa, io ed alcuni compagni ci siamo offerti di andarla a prendere ogni pomeriggio e di portarla un po in giro con noi. e cosi facevamo tre o quattro volte la settimana.
Un pomeriggio di primavera sfruttando il caldo delle prime giornate di sole caldo, andammo al mare e ci portammo pure la scimmietta. La scimmia si divertiva molto, tirava sassi e sabbia e tutto quello che trovava, agli sfortunati bagnanti che si sdraiavano vicino a noi incuriositi. E i curiosi erano veramente tanti, specialmente i bambini.
Allora io il giorno successivo, mi presentai al mare con la mia macchina fotografica pentax reflex, munita di obiettivo da ritratto e iniziai a fare foto ai bambini con la scimmietta, naturalmente a pagamento. Fu un successo esagerato e continuai a farlo per diversi giorni. La sera riconsegnavo sempre la scimmia stanca morta la quale si addormentava subito e Maria Teresa era veramente contenta e mi ringraziava moltissimo. Scusa Teresa non te l’ho mai detto, spero che se un giorno leggerai queste righe non ti arrabbierai.
Ma poi un giorno suo fratello stanco delle lamentele dei vicini, regalò la scimmia a un suo amico e allora la cuccagna finì.
Memore di questa esperienza, che tra le altre cose mi aveva divertito molto, ero ben lieto di ritrovarmi di nuovo a fare le foto ai bambini nelle scuole. Meditavo già di comprare degli animali per attirarli a farsi fare le foto. Pensavo a un’acquila, a una piccola tigre, a una scimmietta, magari un pò più docile e perchè no anche a un serpente. Per i più grandi pensavo di prendere in affitto una modella e vestirla da insegnante o da bidella sexy, con minigonna inguinale e scollatura all’ombelico. Insomma ero pronto a cambiare il modo di fare le foto nelle scuole.
Ma mentre io ero intento a organizzare l’acquisto del negozio da fotofrafo, mia sorella e mio cognato, eccitati dal mio entusiasmo di lavorare in proprio, si lasciano coinvolgere e decidono di comprare anche loro, a mia insaputa un negozio.
Infatti, dopo pochi giorni comprano per 30 milioni di lire, uno storico ma ormai compromesso negozio di frutta e verdura, nella trafficata Piazza della Liberazione di Massa, meglio conosciuta da tutti come piazza dei culi, vicino al negozio di abbigliamento dell’amico convivente della mia insegnante.
La piazza però non si chiamava così per colpa sua, bensi per la presenza di una grossa fontana dove quattro putti nudi buttavano acqua nella grossa vasca.
Fine del mio sogno di diventare fotografo.
Mia sorella lavorava da diversi anni in un grande negozio di abbigliamento nel centro della città, mentre mio cognato di origine senese, lavorava come funzionario nella famosa banca Monte dei Paschi di Siena di piazza Aranci. Anche loro spinti dalla voglia di avventura e di lavorare in proprio fanno questo passo: mia sorella si dimise dal suo lavoro, mentre mio cognato rimase comunque a lavorare in banca, con l’intento di andare al mercato ortofrutticolo al mattino presto con mia sorella e poi andare in banca al lavoro mentre mia sorella sarebbe rimasta a lavorare nel negozio.
Teoricamente poteva anche funzionare, ma solo teoricamente. Infatti dopo una cazzata dietro l’altra, con mia sorella che piangeva tutti i giorni, decido di darle una mano. Nonostante la sua scelta avesse cambiato i miei progetti, era pur sempre mia sorella.

Periodo Homo Erectus

Dai 25 ai 30 anni
Inizia qui una delle fasi più importanti della mia vita e che mi farà finalmente capire chi sono, quali sono le mie capacità lavorative, quali sono le mie doti innate e come sfruttarle.
Ero già stato qualche volta con i miei genitori, al mattino prestissimo, al mercato ortofrutticolo a vendere le verdure raccolte e preparate il giorno prima. Era un ambiente per me poco piacevole, tanta gente che urlava e correva indaffarata per cercare di vendere e comprare al miglior prezzo.
Vi erano due tipi di venditori: i contadini produttori i quali cercavano di vendere velocemente la propria merce per poter così tornare presto a casa propria per andare a fare il secondo lavoro. Quindi ti chiamavano urlando per richiamare l’attenzione e mostrarti la loro merce. Spesso infatti, il lavoro del contadino era un modo per far quadrare il bilancio famigliare e così era anche per la mia famiglia. Andavano al mercato al mattino presto e cercavano di tornare a casa presto portando a me e a mia sorella delle buone paste calde appena sfornate o quasi. Poi mio padre andava a lavorare come operaio comunale e mia madre come governante a ore o nei campi.
Vi erano poi coloro che la frutta e la verdura la commerciavano soltanto comprandola o dai contadini locali prima dell’apertura delle contrattazioni ufficiali o in altri mercati ortofrutticoli più grandi e specifici. Per esempio alcuni commercianti andavano la notte stessa prestissimo al mercato ortofrutticolo di Firenze e compravano merce per poter poi rivenderla al mercato di Massa Carrara. Altri sceglievano il mercato di Bologna, più selettivo e qualitativo, ma più costoso. Altri commercianti partivano due giorni prima e andavano ai mercati generali di Fondi, Latina o addirittura in Sicilia, a Gela o altre città dedicate. In sostanza il concetto era questo: più scendevi giù in bassa Italia, più era conveniente acquistare perchè riuscivi a saltare alcuni passaggi di mano della merce. Ma per fare questo ci voleva molta organizzazione, tanti camion friforiferi che andavano e venivano a giorni alterni, autisti, bravi compratori, bravi venditori etc.
I commercianti grossisti facevano anche degli acquisti specifici della frutta e verdura di stagione. Per esempio le mele che arrivavano dal freddo trentino o le arance più buone del mondo, quelle siciliane, le angurie di Mantova, le ciliegie di Modena, i carciofi della Sardegna, i finocchi della Campania e così via. Questi prodotti venivano spesso comprati ancora prima del raccolto quando ancora erano nel campo di produzione o sugli alberi, per accapararsi i raccolti migliori al miglior prezzo.
Al mio primo giorno nel mercato ortofrutticolo da commerciante per aiutare mia sorella, tutte queste cose non le sapevo, ero esattamente un pesce fuori dall’acqua. Mia sorella e mio cognato, erano già morti in assenza di ossigeno. Mio cognato poi in giacca, cravatta e cappotto da bancario non se lo filava nessuno o meglio se lo passavano per dargli le cose peggiori al prezzo più alto.
Risultato mia sorella disperata e matrimonio a rischio collasso. Come rimediare quindi a tale disastro?
Cerco di non far capire a mia sorella che sono nel panico più assoluto e studio attentamente la situazione.
Parlo con persone che fanno questo lavoro da una vita e cerco di carpirne i segreti, analizzo il mercato scrutando e osservando tutti i negozi di frutta e verdura della provincia. Risultato: nessuno, non ho trovato un negozio che attirasse la mia attenzione. Tutti erano gestiti da gente comune e senza idee o iniziative. Mucchi di cassette ammucchiate nei negozi e fuori dei negozi, senza nessun senso logico o attrativa. Molti di loro comunque vendevano un sacco di merce ogni giorno e qualcuno, a sentir dire altri commercianti, guadagnavano molto bene, ma io non li invidiavo. Il loro modo di lavorare a me risultava statico e antiquato, grezzo e senza un minimo di qualità e di gusto. Non sarei mai riuscito a lavorare come loro, dovevo fare qualcosa di meglio e sentivo di poterlo fare. Ma cosa? La mia esperienza nel settore era pari a zero.
Decido di andare a Milano, pensavo che se volevo vedere qualcosa di nuovo e originale ai miei occhi dovevo uscire dalla mia città, dovevo andare nella capitale della moda dove denaro e idee si muovono ad altissima velocità.
Parto e resto a Milano una settimana. Per prima cosa vado al mercato ortofrutticolo e resto sbalordito, non credevo ai miei occhi. Toccavo la frutta e la verdura perchè pensavo fosse finta. Si poteva trovare ogni tipo di frutta e verdura anche fuori stagione. Naturalmente i prezzi erano sbalorditivi, ma i commercianti compravano lo stesso questi prodotti come fossero panini. Poi giro per tutta la città in lungo e in largo, tutta a piedi fotografando e prendendo appunti sui negozi più belli. Rivedo la frutta e la verdura più bella in alcuni negozi e sembrava ancora più bella nel contesto del negozio: era esposta come se fosse merce da gioielleria. Vedo alcuni negozi organizzati con consegna a domicilio. Osservavo i proprietari lavorare con una perfetta organizzazione. Salutavano e sorridevano a ogni cliente o passante che si fermava a guardare la loro merce esposta. Avevo trovato quello che cercavo.
Torno a casa pieno di idee e progetti, convinco mia sorella che l’unica strada era cambiare totalmente strategia, le spiego come vorrei muovermi e decidiamo di metterci in società al 50%. Mio padre mi dà una mano per iniziare prestandomi un piccolo capitale da investire nel negozio per la ristrutturazione, trovo la ditta per la ristrutturazione e partiamo. Dopo un mese il negozio è nuovamente operativo con un volto nuovo, comincio a muovermi come i commercianti milanesi e cerco la frutta e la verdura più bella e più buona. Per sapere se era buona assaggiavo tutto prima di comprare, se qualcuno non mi permeteva di fare l’assaggio lo saltavo e non compravo niente da lui.
Avevo finalmente il negozio più bello e innovativo della provincia. Sembrava un negozio di fiori, pieno di colori e con la merce esposta lucida e pulita come a una esposizione di gioielli. Unico problema: non si vendeva niente o quasi. Mia sorella era di nuovo disperata e piangeva. Io non capivo dove fosse il problema, compravo la frutta e laverdura più bella, cercavo di venderla a un prezzo più basso deglia altri negozianti eppure loro vendevano e io no.
Cazzo. Cosa dovevo fare per risolvere il problema?
Continua...
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